Alessio Carboni

Alessio Carboni

Cari Parrocchiani,

anche per quest’anno 2016 è arrivato il momento di iniziare la visita alle vostre famiglie e, nell’intraprendere questo cammino, lungo ed impegnativo, invoco l’aiuto di Maria Santissima del Rosario.

 

Inizieremo il 1 febbraio (lunedì).

So, per esperienza, che – a darci dentro – ci vogliono 5 mesi, uscendo tutti i giorni della settimana, mattina e pomeriggio, e mettendo in programma almeno 40 famiglie al giorno. In questo mi sarà di grande aiuto il vice-parroco p. Simone Bellomo e il collaboratore don Gian Paolo Sini.

Vi assicuriamo che, nonostante questo impegno e tutti gli altri incontri dei gruppi e delle attività parrocchiali, ci accingiamo ad affrontarlo con gioia, perché sappiamo di venire accolti da famiglie che desiderano e attendono la visita del sacerdote.

Come Parroco, vice parroco e collaboratore ci riteniamo vostri fratelli e amici sinceri. Vi promettiamo una parola di conforto, un incoraggiamento, una preghiera, la benedizione del Signore.

Crediamo dunque che "la benedizione" sia veramente questa: per voi che la ricevete e per noi che la diamo in nome di Gesù Cristo, Figlio di Dio, perché ci dà la gioia di continuare a vedere le "meraviglie" che Lui continuamente opera per noi.

Pregheremo anche per la buona riuscita dell’Anno Giubilare della Misericordia, per l’Anno Giubilare dell’Ordine Domenicano (la nostra Parrocchia è retta dai Padri Domenicani) e per il Centenario della Consacrazione della nostra Chiesa di S. Maria del Rosario.

Preghiamo perché la Comunità Parrocchiale di S. Maria del Rosario in Prati risplenda per "fede viva e carità operosa", e sia terreno fertile per la crescita cristiana delle nuove generazioni.

Per quanto riguarda gli orari e i giorni della “Benedizione” ve lo faremo sapere per tempo con le apposite locandine affisse all’interno delle vostre abitazioni.

Un cordiale saluto dal Parroco p.Graziano Lezziero

Vice-parroco: p. Simone Bellomo

Collaboratore: Don Gian Paolo Sini

 

 

 

 

 

Vinci l’indifferenza e conquista la pace

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

1. Dio non è indifferente! A Dio importa dell’umanità, Dio non l’abbandona! All’inizio del nuovo anno, vorrei accompagnare con questo mio profondo convincimento gli auguri di abbondanti benedizioni e di pace, nel segno della speranza, per il futuro di ogni uomo e ogni donna, di ogni famiglia, popolo e nazione del mondo, come pure dei Capi di Stato e di Governo e dei Responsabili delle religioni. Non perdiamo, infatti, la speranza che il 2016 ci veda tutti fermamente e fiduciosamente impegnati, a diversi livelli, a realizzare la giustizia e operare per la pace. Sì, quest’ultima è dono di Dio e opera degli uomini. La pace è dono di Dio, ma affidato a tutti gli uomini e a tutte le donne, che sono chiamati a realizzarlo.

Custodire le ragioni della speranza

2. Le guerre e le azioni terroristiche, con le loro tragiche conseguenze, i sequestri di persona, le persecuzioni per motivi etnici o religiosi, le prevaricazioni, hanno segnato dall’inizio alla fine lo scorso anno moltiplicandosi dolorosamente in molte regioni del mondo, tanto da assumere le fattezze di quella che si potrebbe chiamare una “terza guerra mondiale a pezzi”. Ma alcuni avvenimenti degli anni passati e dell’anno appena trascorso mi invitano, nella prospettiva del nuovo anno, a rinnovare l’esortazione a non perdere la speranza nella capacità dell’uomo, con la grazia di Dio, di superare il male e a non abbandonarsi alla rassegnazione e all’indifferenza. Gli avvenimenti a cui mi riferisco rappresentano la capacità dell’umanità di operare nella solidarietà, al di là degli interessi individualistici, dell’apatia e dell’indifferenza rispetto alle situazioni critiche.

Tra questi vorrei ricordare lo sforzo fatto per favorire

l’incontro dei leader mondiali, nell’ambito della COP 21, al fine di cercare nuove vie per affrontare i cambiamenti climatici e salvaguardare il benessere della Terra, la nostra casa comune. E questo rinvia a due precedenti eventi di livello globale: il Summit di Addis Abeba per raccogliere fondi per lo sviluppo sostenibile del mondo; e l’adozione, da parte delle Nazioni Unite,dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, finalizzata ad assicurare un’esistenza più dignitosa a tutti, soprattutto alle popolazioni povere del pianeta, entro quell’anno.

Il 2015 è stato un anno speciale per la Chiesa, anche perché ha segnato il 50° anniversario della pubblicazione di due documenti del Concilio Vaticano II che esprimono in maniera molto eloquente il senso di solidarietà della Chiesa con il mondo. Papa Giovanni XXIII, all’inizio del Concilio, volle spalancare le finestre della Chiesa affinché tra essa e il mondo fosse più aperta la comunicazione. I due documenti, Nostra aetate e Gaudium et spes, sono espressioni emblematiche della nuova relazione di dialogo, solidarietà e accompagnamento che la Chiesa intendeva introdurre all’interno dell’umanità. Nella Dichiarazione Nostra aetate la Chiesa è stata chiamata ad aprirsi al dialogo con le espressioni religiose non cristiane. Nella Costituzione pastorale Gaudium et spes, dal momento che «le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo», la Chiesa desiderava instaurare un dialogo con la famiglia umana circa i problemi del mondo, come segno di solidarietà e di rispettoso affetto.

In questa medesima prospettiva, con il Giubileo della Misericordia voglio invitare la Chiesa a pregare e lavorare perché ogni cristiano possa maturare un cuore umile e compassionevole, capace di annunciare e testimoniare la misericordia, di «perdonare e di donare»,di aprirsi «a quanti vivono nelle più disparate periferie esistenziali, che spesso il mondo moderno crea in maniera drammatica», senza cadere «nell’indifferenza che umilia, nell’abitudinarietà che anestetizza l’animo e impedisce di scoprire la novità, nel cinismo che distrugge».

Ci sono molteplici ragioni per credere nella capacità dell’umanità di agire insieme in solidarietà, nel riconoscimento della propria interconnessione e interdipendenza, avendo a cuore i membri più fragili e la salvaguardia del bene comune. Questo atteggiamento di corresponsabilità solidale è alla radice della vocazione fondamentale alla fratellanza e alla vita comune. La dignità e le relazioni interpersonali ci costituiscono in quanto esseri umani, voluti da Dio a sua immagine e somiglianza. Come creature dotate di inalienabile dignità noi esistiamo in relazione con i nostri fratelli e sorelle, nei confronti dei quali abbiamo una responsabilità e con i quali agiamo in solidarietà. Al di fuori di questa relazione, ci si troverebbe ad essere meno umani. E’ proprio per questo che l’indifferenza costituisce una minaccia per la famiglia umana. Mentre ci incamminiamo verso un nuovo anno, vorrei invitare tutti a riconoscere questo fatto, per vincere l’indifferenza e conquistare la pace.

Alcune forme di indifferenza

3. Certo è che l’atteggiamento dell’indifferente, di chi chiude il cuore per non prendere in considerazione gli altri, di chi chiude gli occhi per non vedere ciò che lo circonda o si scansa per non essere toccato dai problemi altrui, caratterizza una tipologia umana piuttosto diffusa e presente in ogni epoca della storia. Tuttavia, ai nostri giorni esso ha superato decisamente l’ambito individuale per assumere una dimensione globale e produrre il fenomeno della “globalizzazione dell’indifferenza”.

La prima forma di indifferenza nella società umana è quella verso Dio, dalla quale scaturisce anche l’indifferenza verso il prossimo e verso il creato. È questo uno dei gravi effetti di un umanesimo falso e del materialismo pratico, combinati con un pensiero relativistico e nichilistico. L’uomo pensa di essere l’autore di sé stesso, della propria vita e della società; egli si sente autosufficiente e mira non solo a sostituirsi a Dio, ma a farne completamente a meno; di conseguenza, pensa di non dovere niente a nessuno, eccetto che a sé stesso, e pretende di avere solo diritti. Contro questa autocomprensione erronea della persona, Benedetto XVI ricordava che né l’uomo né il suo sviluppo sono capaci di darsi da sé il proprio significato ultimo; e prima di lui Paolo VI aveva affermato che «non vi è umanesimo vero se non aperto verso l’Assoluto, nel riconoscimento di una vocazione, che offre l’idea vera della vita umana».

L’indifferenza nei confronti del prossimo assume diversi volti. C’è chi è ben informato, ascolta la radio, legge i giornali o assiste a programmi televisivi, ma lo fa in maniera tiepida, quasi in una condizione di assuefazione: queste persone conoscono vagamente i drammi che affliggono l’umanità ma non si sentono coinvolte, non vivono la compassione. Questo è l’atteggiamento di chi sa, ma tiene lo sguardo, il pensiero e l’azione rivolti a sé stesso. Purtroppo dobbiamo constatare che l’aumento delle informazioni, proprio del nostro tempo, non significa di per sé aumento di attenzione ai problemi, se non è accompagnato da un’apertura delle coscienze in senso solidale. Anzi, esso può comportare una certa saturazione che anestetizza e, in qualche misura, relativizza la gravità dei problemi. «Alcuni semplicemente si compiacciono incolpando i poveri e i paesi poveri dei propri mali, con indebite generalizzazioni, e pretendono di trovare la soluzione in una “educazione” che li tranquillizzi e li trasformi in esseri addomesticati e inoffensivi. Questo diventa ancora più irritante se gli esclusi vedono crescere questo cancro sociale che è la corruzione profondamente radicata in molti Paesi – nei governi, nell’imprenditoria e nelle istituzioni – qualunque sia l’ideologia politica dei governanti».

In altri casi, l’indifferenza si manifesta come mancanza di attenzione verso la realtà circostante, specialmente quella più lontana. Alcune persone preferiscono non cercare, non informarsi e vivono il loro benessere e la loro comodità sorde al grido di dolore dell’umanità sofferente. Quasi senza accorgercene, siamo diventati incapaci di provare compassione per gli altri, per i loro drammi, non ci interessa curarci di loro, come se ciò che accade ad essi fosse una responsabilità estranea a noi, che non ci compete. «Quando noi stiamo bene e ci sentiamo comodi, certamente ci dimentichiamo degli altri (cosa che Dio Padre non fa mai), non ci interessano i loro problemi, le loro sofferenze e le ingiustizie che subiscono… Allora il nostro cuore cade nell’indifferenza: mentre io sto relativamente bene e comodo, mi dimentico di quelli che non stanno bene».

Vivendo in una casa comune, non possiamo non interrogarci sul suo stato di salute, come ho cercato di fare nella Laudato si’. L’inquinamento delle acque e dell’aria, lo sfruttamento indiscriminato delle foreste, la distruzione dell’ambiente, sono sovente frutto dell’indifferenza dell’uomo verso gli altri, perché tutto è in relazione. Come anche il comportamento dell’uomo con gli animali influisce sulle sue relazioni con gli altri, per non parlare di chi si permette di fare altrove quello che non osa fare in casa propria.

In questi ed in altri casi, l’indifferenza provoca soprattutto chiusura e disimpegno, e così finisce per contribuire all’assenza di pace con Dio, con il prossimo e con il creato.

La pace minacciata dall’indifferenza globalizzata

4. L’indifferenza verso Dio supera la sfera intima e spirituale della singola persona ed investe la sfera pubblica e sociale. Come affermava Benedetto XVI, «esiste un’intima connessione tra la glorificazione di Dio e la pace degli uomini sulla terra». Infatti, «senza un’apertura trascendente, l’uomo cade facile preda del relativismo e gli riesce poi difficile agire secondo giustizia e impegnarsi per la pace». L’oblio e la negazione di Dio, che inducono l’uomo a non riconoscere più alcuna norma al di sopra di sé e a prendere come norma soltanto sé stesso, hanno prodotto crudeltà e violenza senza misura.

A livello individuale e comunitario l’indifferenza verso il prossimo, figlia di quella verso Dio, assume l’aspetto dell’inerzia e del disimpegno, che alimentano il perdurare di situazioni di ingiustizia e grave squilibrio sociale, le quali, a loro volta, possono condurre a conflitti o, in ogni caso, generare un clima di insoddisfazione che rischia di sfociare, presto o tardi, in violenze e insicurezza.

In questo senso l’indifferenza, e il disimpegno che ne consegue, costituiscono una grave mancanza al dovere che ogni persona ha di contribuire, nella misura delle sue capacità e del ruolo che riveste nella società, al bene comune, in particolare alla pace, che è uno dei beni più preziosi dell’umanità.

Quando poi investe il livello istituzionale, l’indifferenza nei confronti dell’altro, della sua dignità, dei suoi diritti fondamentali e della sua libertà, unita a una cultura improntata al profitto e all’edonismo, favorisce e talvolta giustifica azioni e politiche che finiscono per costituire minacce alla pace. Tale atteggiamento di indifferenza può anche giungere a giustificare alcune politiche economiche deplorevoli, foriere di ingiustizie, divisioni e violenze, in vista del conseguimento del proprio benessere o di quello della nazione. Non di rado, infatti, i progetti economici e politici degli uomini hanno come fine la conquista o il mantenimento del potere e delle ricchezze, anche a costo di calpestare i diritti e le esigenze fondamentali degli altri. Quando le popolazioni vedono negati i propri diritti elementari, quali il cibo, l’acqua, l’assistenza sanitaria o il lavoro, esse sono tentate di procurarseli con la forza.

Inoltre, l’indifferenza nei confronti dell’ambiente naturale, favorendo la deforestazione, l’inquinamento e le catastrofi naturali che sradicano intere comunità dal loro ambiente di vita, costringendole alla precarietà e all’insicurezza, crea nuove povertà, nuove situazioni di ingiustizia dalle conseguenze spesso nefaste in termini di sicurezza e di pace sociale. Quante guerre sono state condotte e quante ancora saranno combattute a causa della mancanza di risorse o per rispondere all’insaziabile richiesta di risorse naturali?

Dall’indifferenza alla misericordia: la conversione del cuore

5. Quando, un anno fa, nel Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace “Non più schiavi, ma fratelli”, evocavo la prima icona biblica della fraternità umana, quella di Caino e Abele (cfr Gen 4,1-16), era per attirare l’attenzione su come è stata tradita questa prima fraternità. Caino e Abele sono fratelli. Provengono entrambi dallo stesso grembo, sono uguali in dignità e creati ad immagine e somiglianza di Dio; ma la loro fraternità creaturale si rompe. «Non soltanto Caino non sopporta suo fratello Abele, ma lo uccide per invidia» [19]. Il fratricidio allora diventa la forma del tradimento, e il rifiuto da parte di Caino della fraternità di Abele è la prima rottura nelle relazioni familiari di fraternità, solidarietà e rispetto reciproco.

Dio interviene, allora, per chiamare l’uomo alla responsabilità nei confronti del suo simile, proprio come fece quando Adamo ed Eva, i primi genitori, ruppero la comunione con il Creatore. «Allora il Signore disse a Caino: “Dov’è Abele, tuo fratello?”. Egli rispose: “Non lo so. Sono forse il guardiano di mio fratello?”. Riprese: “Che hai fatto? La voce del sangue di tuo fratello grida a me dal suolo!”» (Gen 4,9-10).

Caino dice di non sapere che cosa sia accaduto a suo fratello, dice di non essere il suo guardiano. Non si sente responsabile della sua vita, della sua sorte. Non si sente coinvolto. È indifferente verso suo fratello, nonostante essi siano legati dall’origine comune. Che tristezza! Che dramma fraterno, familiare, umano! Questa è la prima manifestazione dell’indifferenza tra fratelli. Dio, invece, non è indifferente: il sangue di Abele ha grande valore ai suoi occhi e chiede a Caino di renderne conto. Dio, dunque, si rivela, fin dagli inizi dell’umanità come Colui che si interessa alla sorte dell’uomo. Quando più tardi i figli di Israele si trovano nella schiavitù in Egitto, Dio interviene nuovamente. Dice a Mosè: «Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido a causa dei suoi sorveglianti; conosco, infatti, le sue sofferenze. Sono sceso per liberarlo dalla mano dell’Egitto e per farlo uscire da questo paese verso un paese bello e spazioso, verso un paese dove scorre latte e miele» (Es 3,7-8). È importante notare i verbi che descrivono l’intervento di Dio: Egli osserva, ode, conosce, scende, libera. Dio non è indifferente. È attento e opera.

Allo stesso modo, nel suo Figlio Gesù, Dio è sceso fra gli uomini, si è incarnato e si è mostrato solidale con l’umanità, in ogni cosa, eccetto il peccato. Gesù si identificava con l’umanità: «il primogenito tra molti fratelli»(Rm 8,29). Egli non si accontentava di insegnare alle folle, ma si preoccupava di loro, specialmente quando le vedeva affamate (cfr Mc 6,34-44) o disoccupate (cfr Mt 20,3). Il suo sguardo non era rivolto soltanto agli uomini, ma anche ai pesci del mare, agli uccelli del cielo, alle piante e agli alberi, piccoli e grandi; abbracciava l’intero creato. Egli vede, certamente, ma non si limita a questo, perché tocca le persone, parla con loro, agisce in loro favore e fa del bene a chi è nel bisogno. Non solo, ma si lascia commuovere e piange (cfr Gv 11,33-44). E agisce per porre fine alla sofferenza, alla tristezza, alla miseria e alla morte.

Gesù ci insegna ad essere misericordiosi come il Padre (cfr Lc 6,36). Nella parabola del buon samaritano (cfr Lc 10,29-37) denuncia l’omissione di aiuto dinanzi all’urgente necessità dei propri simili: «lo vide e passò oltre» (cfr Lc 10,31.32). Nello stesso tempo, mediante questo esempio, Egli invita i suoi uditori, e in particolare i suoi discepoli, ad imparare a fermarsi davanti alle sofferenze di questo mondo per alleviarle, alle ferite degli altri per curarle, con i mezzi di cui si dispone, a partire dal proprio tempo, malgrado le tante occupazioni. L’indifferenza, infatti, cerca spesso pretesti: nell’osservanza dei precetti rituali, nella quantità di cose che bisogna fare, negli antagonismi che ci tengono lontani gli uni dagli altri, nei pregiudizi di ogni genere che ci impediscono di farci prossimo.

La misericordia è il cuore di Dio. Perciò dev’essere anche il cuore di tutti coloro che si riconoscono membri dell’unica grande famiglia dei suoi figli; un cuore che batte forte dovunque la dignità umana – riflesso del volto di Dio nelle sue creature – sia in gioco. Gesù ci avverte: l’amore per gli altri – gli stranieri, i malati, i prigionieri, i senza fissa dimora, perfino i nemici – è l’unità di misura di Dio per giudicare le nostre azioni. Da ciò dipende il nostro destino eterno. Non c’è da stupirsi che l’apostolo Paolo inviti i cristiani di Roma a gioire con coloro che gioiscono e a piangere con coloro che piangono (cfr Rm 12,15), o che raccomandi a quelli di Corinto di organizzare collette in segno di solidarietà con i membri sofferenti della Chiesa (cfr 1 Cor 16,2-3). E san Giovanni scrive: «Se qualcuno possiede dei beni di questo mondo e vede suo fratello nel bisogno e non ha pietà di lui, come potrebbe l’amore di Dio essere in lui?» (1 Gv 3,17; cfr Gc 2,15-16).

Ecco perché «è determinante per la Chiesa e per la credibilità del suo annuncio che essa viva e testimoni in prima persona la misericordia. Il suo linguaggio e i suoi gesti devono trasmettere misericordia per penetrare nel cuore delle persone e provocarle a ritrovare la strada per ritornare al Padre. La prima verità della Chiesa è l’amore di Cristo. Di questo amore, che giunge fino al perdono e al dono di sé, la Chiesa si fa serva e mediatrice presso gli uomini. Pertanto, dove la Chiesa è presente, là deve essere evidente la misericordia del Padre. Nelle nostre parrocchie, nelle comunità, nelle associazioni e nei movimenti, insomma, dovunque vi sono dei cristiani, chiunque deve poter trovare un’oasi di misericordia».

Così, anche noi siamo chiamati a fare dell’amore, della compassione, della misericordia e della solidarietà un vero programma di vita, uno stile di comportamento nelle nostre relazioni gli uni con gli altri. Ciò richiede la conversione del cuore: che cioè la grazia di Dio trasformi il nostro cuore di pietra in un cuore di carne (cfr Ez 36,26), capace di aprirsi agli altri con autentica solidarietà. Questa, infatti, è molto più che un «sentimento di vaga compassione o di superficiale intenerimento per i mali di tante persone, vicine o lontane». La solidarietà «è la determinazione ferma e perseverante di impegnarsi per il bene comune: ossia per il bene di tutti e di ciascuno perché tutti siamo veramente responsabili di tutti», perché la compassione scaturisce dalla fraternità.

Così compresa, la solidarietà costituisce l’atteggiamento morale e sociale che meglio risponde alla presa di coscienza delle piaghe del nostro tempo e dell’innegabile inter-dipendenza che sempre più esiste, specialmente in un mondo globalizzato, tra la vita del singolo e della sua comunità in un determinato luogo e quella di altri uomini e donne nel resto del mondo.

Promuovere una cultura di solidarietà e misericordia per vincere l’indifferenza

6. La solidarietà come virtù morale e atteggiamento sociale, frutto della conversione personale, esige un impegno da parte di una molteplicità di soggetti, che hanno responsabilità di carattere educativo e formativo.

Il mio primo pensiero va alle famiglie, chiamate ad una missione educativa primaria ed imprescindibile. Esse costituiscono il primo luogo in cui si vivono e si trasmettono i valori dell’amore e della fraternità, della convivenza e della condivisione, dell’attenzione e della cura dell’altro. Esse sono anche l’ambito privilegiato per la trasmissione della fede, cominciando da quei primi semplici gesti di devozione che le madri insegnano ai figli.

Per quanto riguarda gli educatori e i formatori che, nella scuola o nei diversi centri di aggregazione infantile e giovanile, hanno l’impegnativo compito di educare i bambini e i giovani, sono chiamati ad essere consapevoli che la loro responsabilità riguarda le dimensioni morale, spirituale e sociale della persona. I valori della libertà, del rispetto reciproco e della solidarietà possono essere trasmessi fin dalla più tenera età. Rivolgendosi ai responsabili delle istituzioni che hanno compiti educativi, Benedetto XVI affermava: «Ogni ambiente educativo possa essere luogo di apertura al trascendente e agli altri; luogo di dialogo, di coesione e di ascolto, in cui il giovane si senta valorizzato nelle proprie potenzialità e ricchezze interiori, e impari ad apprezzare i fratelli. Possa insegnare a gustare la gioia che scaturisce dal vivere giorno per giorno la carità e la compassione verso il prossimo e dal partecipare attivamente alla costruzione di una società più umana e fraterna».

Anche gli operatori culturali e dei mezzi di comunicazione sociale hanno responsabilità nel campo dell’educazione e della formazione, specialmente nelle società contemporanee, in cui l’accesso a strumenti di informazione e di comunicazione è sempre più diffuso. E’ loro compito innanzitutto porsi al servizio della verità e non di interessi particolari. I mezzi di comunicazione, infatti, «non solo informano, ma anche formano lo spirito dei loro destinatari e quindi possono dare un apporto notevole all’educazione dei giovani. È importante tenere presente che il legame tra educazione e comunicazione è strettissimo: l’educazione avviene, infatti, per mezzo della comunicazione, che influisce, positivamente o negativamente, sulla formazione della persona». Gli operatori culturali e dei media dovrebbero anche vigilare affinché il modo in cui si ottengono e si diffondono le informazioni sia sempre giuridicamente e moralmente lecito.

La pace: frutto di una cultura di solidarietà, misericordia e compassione

7. Consapevoli della minaccia di una globalizzazione dell’indifferenza, non possiamo non riconoscere che, nello scenario sopra descritto, si inseriscono anche numerose iniziative ed azioni positive che testimoniano la compassione, la misericordia e la solidarietà di cui l’uomo è capace. Vorrei ricordare alcuni esempi di impegno lodevole, che dimostrano come ciascuno possa vincere l’indifferenza quando sceglie di non distogliere lo sguardo dal suo prossimo, e che costituiscono buone pratiche nel cammino verso una società più umana.

Ci sono tante organizzazioni non governative e gruppi caritativi, all’interno della Chiesa e fuori di essa, i cui membri, in occasione di epidemie, calamità o conflitti armati, affrontano fatiche e pericoli per curare i feriti e gli ammalati e per seppellire i defunti. Accanto ad essi, vorrei menzionare le persone e le associazioni che portano soccorso ai migranti che attraversano deserti e solcano mari alla ricerca di migliori condizioni di vita. Queste azioni sono opere di misericordia corporale e spirituale, sulle quali saremo giudicati al termine della nostra vita.

Il mio pensiero va anche ai giornalisti e fotografi che informano l’opinione pubblica sulle situazioni difficili che interpellano le coscienze, e a coloro che si impegnano per la difesa dei diritti umani, in particolare quelli delle minoranze etniche e religiose, dei popoli indigeni, delle donne e dei bambini, e di tutti coloro che vivono in condizioni di maggiore vulnerabilità. Tra loro ci sono anche tanti sacerdoti e missionari che, come buoni pastori, restano accanto ai loro fedeli e li sostengono nonostante i pericoli e i disagi, in particolare durante i conflitti armati.

Quante famiglie, poi, in mezzo a tante difficoltà lavorative e sociali, si impegnano concretamente per educare i loro figli “controcorrente”, a prezzo di tanti sacrifici, ai valori della solidarietà, della compassione e della fraternità! Quante famiglie aprono i loro cuori e le loro case a chi è nel bisogno, come ai rifugiati e ai migranti! Voglio ringraziare in modo particolare tutte le persone, le famiglie, le parrocchie, le comunità religiose, i monasteri e i santuari, che hanno risposto prontamente al mio appello ad accogliere una famiglia di rifugiati.

Infine, vorrei menzionare i giovani che si uniscono per realizzare progetti di solidarietà, e tutti coloro che aprono le loro mani per aiutare il prossimo bisognoso nelle proprie città, nel proprio Paese o in altre regioni del mondo. Voglio ringraziare e incoraggiare tutti coloro che si impegnano in azioni di questo genere, anche se non vengono pubblicizzate: la loro fame e sete di giustizia sarà saziata, la loro misericordia farà loro trovare misericordia e, in quanto operatori di pace, saranno chiamati figli di Dio (cfr Mt 5,6-9).

La pace nel segno del Giubileo della Misericordia

8. Nello spirito del Giubileo della Misericordia, ciascuno è chiamato a riconoscere come l’indifferenza si manifesta nella propria vita e ad adottare un impegno concreto per contribuire a migliorare la realtà in cui vive, a partire dalla propria famiglia, dal vicinato o dall’ambiente di lavoro.

Anche gli Stati sono chiamati a gesti concreti, ad atti di coraggio nei confronti delle persone più fragili delle loro società, come i prigionieri, i migranti, i disoccupati e i malati.

Per quanto concerne i detenuti, in molti casi appare urgente adottare misure concrete per migliorare le loro condizioni di vita nelle carceri, accordando un’attenzione speciale a coloro che sono privati della libertà in attesa di giudizio [29], avendo a mente la finalità rieducativa della sanzione penale e valutando la possibilità di inserire nelle legislazioni nazionali pene alternative alla detenzione carceraria. In questo contesto, desidero rinnovare l’appello alle autorità statali per l’abolizione della pena di morte, là dove essa è ancora in vigore, e a considerare la possibilità di un’amnistia.

Per quanto riguarda i migranti, vorrei rivolgere un invito a ripensare le legislazioni sulle migrazioni, affinché siano animate dalla volontà di accoglienza, nel rispetto dei reciproci doveri e responsabilità, e possano facilitare l’integrazione dei migranti. In questa prospettiva, un’attenzione speciale dovrebbe essere prestata alle condizioni di soggiorno dei migranti, ricordando che la clandestinità rischia di trascinarli verso la criminalità.

Desidero, inoltre, in quest’Anno giubilare, formulare un pressante appello ai responsabili degli Stati a compiere gesti concreti in favore dei nostri fratelli e sorelle che soffrono per la mancanza di lavoro, terra e tetto. Penso alla creazione di posti di lavoro dignitoso per contrastare la piaga sociale della disoccupazione, che investe un gran numero di famiglie e di giovani ed ha conseguenze gravissime sulla tenuta dell’intera società. La mancanza di lavoro intacca pesantemente il senso di dignità e di speranza, e può essere compensata solo parzialmente dai sussidi, pur necessari, destinati ai disoccupati e alle loro famiglie. Un’attenzione speciale dovrebbe essere dedicata alle donne – purtroppo ancora discriminate in campo lavorativo – e ad alcune categorie di lavoratori, le cui condizioni sono precarie o pericolose e le cui retribuzioni non sono adeguate all’importanza della loro missione sociale.

Infine, vorrei invitare a compiere azioni efficaci per migliorare le condizioni di vita dei malati, garantendo a tutti l’accesso alle cure mediche e ai farmaci indispensabili per la vita, compresa la possibilità di cure domiciliari.

Volgendo lo sguardo al di là dei propri confini, i responsabili degli Stati sono anche chiamati a rinnovare le loro relazioni con gli altri popoli, permettendo a tutti una effettiva partecipazione e inclusione alla vita della comunità internazionale, affinché si realizzi la fraternità anche all’interno della famiglia delle nazioni.

In questa prospettiva, desidero rivolgere un triplice appello ad astenersi dal trascinare gli altri popoli in conflitti o guerre che ne distruggono non solo le ricchezze materiali, culturali e sociali, ma anche – e per lungo tempo – l’integrità morale e spirituale; alla cancellazione o alla gestione sostenibile del debito internazionale degli Stati più poveri; all’adozione di politiche di cooperazione che, anziché piegarsi alla dittatura di alcune ideologie, siano rispettose dei valori delle popolazioni locali e che, in ogni caso, non siano lesive del diritto fondamentale ed inalienabile dei nascituri alla vita.

Affido queste riflessioni, insieme con i migliori auspici per il nuovo anno, all’intercessione di Maria Santissima, Madre premurosa per i bisogni dell’umanità, affinché ci ottenga dal suo Figlio Gesù, Principe della Pace, l’esaudimento delle nostre suppliche e la benedizione del nostro impegno quotidiano per un mondo fraterno e solidale.

FRANCISCUS

Mercoledì, 02 Dicembre 2015 15:00

Avvento 2015: lettera del Parroco

 

 

 

 

 

Con la Prima Domenica di Avvento, inizia il nostro cammino verso il S. Natale. Quattro domeniche ci separano da questo evento che ha portato in tutto il mondo un radicale cambiamento.

 

L’Avvento è il periodo in cui la Chiesa (cioè: tutti noi) riflette sulla speranza nel futuro che Dio prepara al mondo. Il cristiano non deve limitarsi ad attendere, ma a progettare e camminare e costruire, perché esperimenta l’efficacia delle opere che Dio ha compiuto per la salvezza dell’uomo. Quando si è certi che il futuro sarà frutto di quell’amore di Dio che già si è manifestato in Cristo, si possiedono già ora quelle premesse di pace e amore perché sa che tutto ciò è garantito dalla fedeltà di Dio. Anche la Parola di Dio ci chiama a questa attitudine di vigilanza, cioè orientamento continuo verso il futuro che è fondato nel passato, ma che trasforma il presente.

 

Avvento: tempo della Chiesa che è poi la nota fondamentale del nostro cammino terreno. Ricordiamoci che siamo un popolo amato da Dio, siamo la vigna del Signore. Ma, il più delle volte, siamo anche un popolo infedele. Ciononostante possiamo contare sulla bontà e misericordia del nostro Dio (stiamo per  entrare nell’Anno Giubilare della Misericordia).

 

Eleviamo a Dio la nostra anima e, nell’attesa vigilante di Colui che è salvezza, domandiamo perdono per i nostri peccati.

 

Vorrei ricordare che l’Eucarestia è il cibo che ci accompagna in questo cammino. Non lasciamoci prendere dalla stanchezza o dall’abitudine a queste ricorrenze.

 

Preghiamo insieme, preghiamo in comunione con il Santo Padre Francesco perché questa nostra città, questo nostro Paese e il mondo intero riacquisti vera fede e speranza nel Vangelo e che gli Angeli hanno annunziato nel giorno della nascita di Gesù: “Pace in terra agli uomini di buona volontà”.

 

Cerchiamo di essere veri cristiani per un mondo migliore.

 

Con affetto e preghiera

 

                                                                                                      Padre Graziano

 

 

Domenica, 01 Novembre 2015 09:45

IL SALUTO DI PADRE MANOLO

Il 29 settembre 2015 il priore provinciale della Provincia Romana di Santa Caterina da Siena, per le necessità della nostra provincia e per il mio progresso spirituale, mi ha assegnato al convento di Santa Maria Novella in Firenze, ordinando al priore dello stesso convento di accogliermi con ogni benevolenza e carità. Per questo motivo, tra qualche settimana, lascerò Roma e tutti voi. Sono passati esattamente quattro anni da quando, novello sacerdote, sono entrato a far parte della vostra comunità, di questa bella e vivace parrocchia romana e domenicana. Ringrazio ognuno di voi per l’affetto, per le preghiere, per i gesti di amicizia, di incoraggiamento e di stima che mi avete offerto in questi primi quattro anni della mia vita sacerdotale. Mi avete aperto le porte delle vostre case, in molti casi anche quelle del vostro cuore, mi avete accolto come vostro fratello. Voi siete entrati a far parte della mia storia. Voi appartenete alle cose migliori che il Signore mi ha dato.

Come ogni prima volta non si dimentica mai, così non mi dimenticherò mai di questa chiesa e di tutti voi che siete stati le mie prime “pecore”. Starete sempre nel mio cuore e nelle mie preghiere. Ringrazio anche il nostro parroco, padre Graziano, che mi è stato sempre vicino, nei momenti felici come in quelli tristi, con i suoi consigli, la sua tenerezza e, soprattutto, con la sua vita esemplare. Ringraziate il Signore per questo dono che avete ricevuto, e continuate a volergli bene perché i sacerdoti hanno bisogno del vostro affetto e della vostra collaborazione. Ogni giorno della nostra vita è unico e santo, e deve essere vissuto dignitosamente, gioiosamente e intensamente, in comunione con Dio e con i fratelli. Vi auguro di ricevere molto più di quello che il Signore mi ha dato: le vostre case, le vostre famiglie siano piene della sua benedizione, del suo amore e della sua misericordia. Vi chiedo di continuare a pregare anche per me e saluto fraternamente.

Padre Manolo M. Puppini O.P.

VICEPARROCO

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Mercoledì, 30 Settembre 2015 10:16

OTTOBRE 2015: TUTTO CIO' CHE C'E' DA SAPERE

 

Carissimi,

 

 

 

 

CI SCUSIAMO PER I PRECEDENTI ERRATI AVVISI RELATIVI

  

AL MESE DI OTTOBRE IN CORSO.

 

 

 

ABBIAMO PROVVEDUTO A RIPUBBLICARLI IN MODO CORRETTO,

  

SIA QUI CHE NELLE RELATIVE SEZIONI.

 

 

 

 

Le apposite sezioni del sito ("Gruppi", "Calendario" e "Condivisione") sono

 

state aggiornate con le novità del mese di Ottobre, dedicato alla nostra

 

Patrona, la B. M. V. del Rosario.

 

 

 

 

Per praticità si riportano anche qui i files da scaricare:

 

 

 

 

Programma Gruppi Parrocchiali                 (scarica qui)

 

 

Programma del mese di Ottobre                  (scarica qui)

 

 

 

Avvisi del mese di Ottobre                            (scarica qui)

 

 

Giornale parrocchiale Condivisione            (scarica qui)  

Lunedì, 21 Settembre 2015 08:02

Insegnare: un impegno che va oltre l'istruzione

La nostra parrocchiana, Simona Mancini, insegnante di scuola media, ha pubblicato un libro dal titolo: "Chi me lo fa fare".

Di seguito riportiamo un articolo ad esso dedicato, pubblicato sul sito "Acistampa.com"

http://www.acistampa.com/story/il-difficile-ma-bel-lavoro-di-un-insegnante-1432

 

Di Angela Ambrogetti

“Una volta, ero in quarta elementare e avevo detto una brutta parola alla maestra. Lei, una donna buona, chiamò mia madre per l’indomani, hanno parlato tra loro e poi sono stato chiamato. Mia madre mi ha detto davanti alla maestra che quanto avevo fatto non era bello e quindi mi ha chiesto di chiedere scusa alla maestra. Lo ha fatto con dolcezza e sono rimasto contento. Ma poi a casa c’è stato il secondo capitolo... Oggi se capitasse una cosa del genere il genitore andrebbe a rimproverare la maestra...”.

Scherzava ma non troppo Papa Francesco quando parlava, mesi fa, del ruolo dell’insegnante e delle tante difficoltà che ogni giorno incontra sul suo cammino educativo.

In questi giorni in Italia le scuole stanno riaprendo: un nuovo anno scolastico inizia con le sue speranze e le sue ansie. E nelle ultime settimane in libreria è uscito un libro dedicato al ruolo, al compito e alla missione stessa dell’insegnante: 'Chi me lo fa fare', edito da Kimerik, di Simona Mancini, docente di lettere in una scuola media di Roma.

“Chi me lo fa fare – spiega l’autrice in una intervista – è la risposta alla domanda che a volte mi sono posta, come accade a tutti, sul senso della mia professione. Non è un caso che il titolo sia privo del punto interrogativo: è la mia risposta personale, ma mi auguro condivisibile e condivisa, sul perché ogni giorno entro nelle mie classi. E non é per consuetudine. La risposta viene dal lavoro con gli studenti, gli unici sempre capaci di motivarci veramente”.

Nei 20 capitoli del libro sono raccontati storie ed aneddoti reali, veri, concreti. Dall’approccio con una classe difficile all’esperienza profonda con la malattia di una alunna fino ai tanti momenti spensierati e gioiosi, conditi con “pillole di ironia” e di autoironia perché “imparare a sorridere dei nostri difetti e dei nostri sbagli può essere un momento importante per crescere e diventare più forti”.

“Insegnare – ricordava Papa Francesco - è un impegno serio, che solo una personalità matura ed equilibrata può prendere. Un impegno del genere può incutere timore, ma occorre ricordare che nessun insegnante è mai solo: condivide sempre il proprio lavoro con gli altri colleghi e con tutta la comunità educativa cui appartiene”. E dell’importanza del gioco di squadra è convinta anche l’autrice che ha potuto – scrive – “fare esperienza diretta della professionalità” dei colleghi ai quali “affiderei i miei stessi figli”.

"La scuola è fatta certamente di una valida e qualificata istruzione, ma anche di relazioni umane, che da parte nostra sono relazioni di accoglienza, di benevolenza, da riservare a tutti indistintamente. Anzi, il dovere di un buon insegnante è quello di amare con maggiore intensità i suoi allievi più difficili, più deboli, più svantaggiati. Amate di più gli studenti difficili, quelli che non vogliono studiare, quelli che si trovano in condizioni di disagio, i disabili , gli stranieri, che oggi sono una grande sfida per la scuola”. E queste parole di Papa Bergoglio sono il nostro augurio ai tanti insegnanti che stanno tornando o sono già tornati in cattedra.

Sabato, 05 Settembre 2015 14:28

AVVISI DEL MESE DI SETTEMBRE 2015

AVVISI

 

Mercoledì 9 settembre ore 18.00

Incontro Catechisti

 

Giovedì 10 settembre ore 20.30

Iniziano le prove del Coro

 

Domenica 13 settembre ore 20.30

Incontro dei Giovani

 

Martedì 15 settembre ore 19.00

Consiglio parrocchiale

 

Sabato19 settembre ore 17.00

Iniziano le prove di Hip-Hop

 

Lunedì 21 settembre ore 10.00

Apre lo sportello di Solidarietà

 

Martedì 22 settembre

ore 07.00 Apre la S. Vincenzo

ore 19.00 Incontro Ministri Straordinari

 

Mercoledì 23 settembre

Festa di S. Padre Pio

ore 17.15 Rosario meditato e S. Messa

con il Gruppo di S. Padre Pio

ore 19.30 Gruppo Missionario Insieme

 

Venerdì 25 settembre ore 21.00

Incontro Famiglie

 

Sabato 26 settembre

Da oggi riprendono gli orari consueti delle SS. Messe:

Feriali:

ore 07.30 – 10.30 – 18.00 – 19.30

Festivi e prefestivi:

ore 07.30 – 09.00 – 10.30 – 12.00 – 18.00 – 19.30

 

Domenica 27 settembre

Gita Catechistica

 

Ricavato del mercatino

 

del 30 – 31 maggio

 

è di Euro 830,00

 

Sabato, 05 Settembre 2015 14:23

PROGRAMMA GRUPPOFAMIGLIE 2015-16

LOCANDINA DA SCARICARE

Corso di preparazione al Matrimonio

1° incontro

Venerdì

2 ottobre 2015

alle ore 21, 00
presso la
Parrocchia S. Maria del Rosario
Via Germanico, 94
Iscrizioni: al Parroco (3476114168)

Sabato, 05 Settembre 2015 14:03

GITA CATECHISTICA - DOM. 27 SET.

PER I GENITORI ED I RAGAZZI DEL CATECHISMO

GIARDINI DI NINFA
Sermoneta (Latina)

Programma:
Partenza: ore 8, 00 da Viale G. Cesare (di fronte alla Caserma dei Carabinieri )
Mattina: Visita guidata ai Giardini di Ninfa
S. Messa
Pranzo a sacco nell’area pic-nic
Pomeriggio: Visita guidata al Parco Pantanelli
Rientro: ore 19, 00 circa
Quota: € 20, 00 (compreso le visite guidate)
Scadenza per l’adesione: domenica 20 settembre
Per ogni informazione e prenotazione rivolgersi al Parroco 347 61 14 168

santa maria del rosario youtube
 

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